L’improrogabilità del termine per il deposito del piano nell’ambito di un ricorso per concordato semplificato prenotativo

Tribunale di Milano, Sez. II Civile, sent. 31 marzo 2025

Con sentenza del 31 marzo 2025, il Tribunale di Milano, ha dichiarato l’inammissibilità della domanda di concordato semplificato presentata da una società che, all’esito di una composizione negoziata della crisi, non ha provveduto a depositare la proposta e il piano concordatario entro il termine assegnato dal Giudice.

Nel caso di specie, la società, costituitasi nel procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale, aperto su ricorso di un creditore, ha chiesto il rinvio per il deposito della domanda di accesso al concordato semplificato con riserva di deposito del piano e della documentazione, nelle forme di cui all’art. 44 CCII (i.e. domanda “prenotativa”), con richiesta di beneficiare delle misure protettive ex art. 54 CCII.

In accoglimento della richiesta formulata dalla società, il Tribunale ha assegnato termine per il deposito del piano ex art. 25-sexies CCII e della documentazione prescritta dall’art. 39 CCII, osservando che “la proposta di concordato semplificato va depositata entro 60 giorni dalla comunicazione della relazione finale dell’esperto […] che nella specie è avvenuta con PEC del 7-1-2025”.

Allo spirare del termine assegnato, la società ha depositato istanza di rinvio per il deposito della proposta e del piano concordatario, rigettata con decreto collegiale.

Le motivazioni alla base del mancato accoglimento risiedono nella circostanza che, anche laddove una società richieda l’accesso allo strumento del concordato semplificato con riserva di deposito della documentazione prescritta, nella sua forma prenotativa, rimane imprescindibile che tra lo strumento adito ed il suo presupposto – la composizione negoziata – vi sia un nesso consequenziale.

Secondo l’impianto normativo del CCII, infatti, il concordato semplificato non è previsto come uno strumento autonomo al quale, come per il concordato preventivo e gli altri strumenti di regolazione della crisi, il debitore può accedere discrezionalmente.

Al contrario, lo strumento ha natura premiale ed è posto come unico presidio antecedente alla ultima ratio della liquidazione giudiziale, pertanto accessibile solo all’esito di un tentativo già esperito e non riuscito di risanamento.

Infatti, argomenta il Giudice che “la domanda di concordato semplificato […] possa [rectius, può] essere proposta solo all’esito delle trattative e a seguito della relazione dell’esperto che dia atto che le trattative sono state avviate per aver ritenuto l’esperto ricorrere concrete prospettive di risanamento, che si sono svolte secondo correttezza e buona fede e che non si sono rese praticabili le soluzioni indicate dall’art. 23, c.1 e 2 lett. a e b CCII. Tale collegamento si estrinseca […] anche in una necessaria successione temporale, prevista secondo un rigido spazio temporale (60 giorni dalla comunicazione ex art. 17 CCII) entro il quale l’imprenditore […] possa presentare una domanda di concordato per la cessione dei beni.”.

Sulla base delle argomentazioni riportate, pertanto, il termine di 60 giorni dalla comunicazione dell’Esperto della sua relazione finale non può essere prorogato.

La conclusione cui giunge il Giudice appare condivisibile, oltre che per l’impalcatura giuridica a presidio di abusi del diritto, anche per la natura intrinseca del concordato semplificato, il cui accesso è riservato all’imprenditore che abbia intrapreso un percorso di risanamento nell’ambito della CNC, terminata senza esito positivo. Alla luce delle motivazioni addotte e in particolare sull’impossibilità di concedere la proroga del termine per il deposito del piano, il Tribunale ha dichiarato aperta la liquidazione giudiziale della società.

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