La composizione negoziata della crisi e l’inammissibilità di un piano puramente liquidatorio (Tribunale di Bologna, Sez. IV, sent. 2 maggio 2025)

Con sentenza del 2 maggio 2025, il Tribunale di Bologna ha provveduto al rigetto dell’istanza di conferma delle misure protettive presentata da una società in composizione negoziata della crisi, in ragione della natura liquidatoria del piano proposto dalla società, pur a fronte del parere positivo espresso dall’Esperto nominato.

Il Tribunale ha motivato la mancata conferma delle misure protettive alla luce dell’evoluzione normativa, della finalità dell’istituto e delle recenti pronunce giurisprudenziali. In particolare, secondo il provvedimento in esame, il richiamo al “risanamento dell’impresa” contenuto nell’art. 12 comma 1 CCII si riferirebbe al ripristino di un equilibrio economico finanziario riservato alle imprese in funzionamento (o che si propongono di riprendere la piena operatività). Ciò, in considerazione dello scopo della composizione negoziata, che non si individuerebbe in una semplice ristrutturazione del debito esistente, bensì nella possibilità di prosecuzione dell’attività imprenditoriale, sia da parte dello stesso debitore, sia da parte di un terzo nelle forme della c.d. continuità indiretta.

Nel caso in esame, il Tribunale di Bologna ha dunque rilevato che, pur essendo stato presentato dalla società un progetto di risanamento integrato dall’apporto di finanza esterna, lo stesso prevedeva tuttavia la l’interruzione dell’operatività, con dismissione degli asset aziendali, allo scopo di cessare l’attività di impresa. La struttura del piano predisposto, infatti, pur costituendo una soluzione migliorativa rispetto l’alternativo scenario liquidatorio, non appariva improntato al risanamento dell’impresa.

Ulteriormente, la natura liquidatoria del piano è stata valutata incompatibile con le finalità della composizione negoziata, in ragione dell’esistenza di uno strumento di regolazione della crisi maggiormente aderente alla finalità liquidatoria, vale a dire il concordato preventivo liquidatorio. Infatti, come correttamente evidenziato nella sentenza in esame, ritenendo in ipotesi compatibile la composizione negoziata con un piano già in origine liquidatorio, si correrebbe il rischio di eludere l’obbligo di apporti esterni previsto per il concordato liquidatorio ordinario (art. 84, comma 4 CCI). Accogliendo tale prospettazione, la composizione negoziata costituirebbe uno strumento attraverso il quale l’imprenditore che non abbia alcuna possibilità di risanamento, potrebbe proporre ai creditori solo il ricavato della liquidazione atomistica dei beni accedendo, in caso di rifiuto, al concordato semplificato e imponendo loro una ristrutturazione senza alcun apporto di risorse esterne.

Alla luce di quanto esposto, dunque, il Tribunale di Bologna ha negato la conferma delle misure protettive richieste, revocando le misure già concesse e disponendo la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero per eventuali ulteriori valutazioni.

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