Pegno su somme di denaro e revocatoria fallimentare: la Corte di Cassazione sulla distinzione tra pegno regolare e irregolare

Cass. Civ., Sez. I, 11 marzo 2025, n. 9811.

Con l’ordinanza n. 9811/2025, la Corte di Cassazione ha sancito l’assoggettabilità a revocatoria fallimentare della compensazione operata in conto corrente tra il debito della società poi fallita e il credito vantato dalla banca, qualora il pegno di denaro costituito a garanzia possa qualificarsi come ‘regolare’. Difatti, solo il pegno ‘irregolare’ – che si configura esclusivamente quando al creditore pignoratizio sia espressamente attribuita la facoltà di disporre delle somme che ne formano oggetto – comporta l’esenzione dalla revocatoria. In assenza di tale facoltà, da prevedersi espressamente, il pegno mantiene natura ‘regolare’ e non attribuisce alla banca la disponibilità immediata delle somme, rendendo così revocabile l’incameramento effettuato mediante rimessa solutoria.

La vicenda esaminata dalla Cassazione riguardava il pagamento di oltre €. 500.000 effettuato dalla società in bonis in favore della sua banca mediante rimessa solutoria su conto corrente, somma poi trattenuta a titolo di escussione del pegno a seguito dell’intervenuto fallimento della società. La curatela ha chiesto che il pagamento fosse dichiarato inefficace, ritenendo che il pegno sulle somme di denaro, in quanto ‘regolare’, non avesse comportato il trasferimento della proprietà delle somme alla banca sin dalla costituzione della garanzia e che pertanto fosse soggetto all’azione revocatoria fallimentare ai sensi dell’art. 67, comma 2, l. fall., considerata anche la presenza della scientia decoctionis in capo alla banca.

Il Tribunale di Pavia ha accolto la domanda, dichiarando l’inefficacia del pagamento. La Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado, ritenendo che la garanzia in questione, prestata sulle somme di denaro, configurasse un pegno ‘regolare’, e che vi fosse prova della consapevolezza dello stato d’insolvenza da parte della banca creditrice.

La Cassazione ha rigettato il ricorso presentato della banca, ritenendo inammissibili i suoi motivi d’impugnazione. Sotto il profilo della natura della garanzia, la S.C. ha confermato che la qualificazione giuridica del pegno come ‘regolare’ fosse corretta, evidenziando che il contratto non avesse trasferito immediatamente la proprietà della somma pignorata alla banca, bensì attribuito alla stessa soltanto il diritto di disporre della somma in caso di inadempimento dell’obbligazione principale ai fini dell’estinzione del debito garantito. Tale circostanza, correttamente accertata in fatto dai Giudici di merito, è di per sé sola idonea ad escludere la configurazione del pegno ‘irregolare’, che postula al contrario il trasferimento immediato della proprietà e la facoltà per il creditore di disporre ab initio della somma ricevuta.

Nel pegno ‘irregolare’, invero, le somme di denaro diventano sin da subito di proprietà del creditore, il quale è legittimato a disporne sin da tale momento, e, in caso di inadempimento del debitore, come previsto dall’art.1815 c.c., è tenuto esclusivamente a restituire l’eventuale eccedenza rispetto alle somme garantite.

Il pegno, dunque, se costituito su un bene fungibile come una somma di denaro, si configura come pegno ‘irregolare’ “soltanto nel caso in cui sia espressamente conferita alla banca la facoltà di disporre della relativa somma, mentre qualora […] difetti il conferimento di tale facoltà, si rientra nella disciplina del pegno regolare, con la conseguenza che la banca garantita non acquisisce la somma con l’obbligo di restituire al debitore il tantundem”.

Secondo la Corte di legittimità, dunque, nel caso di specie difettavano i presupposti per ritenere l’utilizzabilità da parte della banca di quanto formante oggetto del pegno, a titolo di compensazione di un suo credito con una corrispondente esposizione passiva della società sua cliente, situazione “che invece opera nel pegno irregolare come modalità tipica di esercizio della prelazione, con la conseguenza che (vertendosi in tema di pegno ‘regolare’ – n.d.r.) l’incameramento della relativa somma da parte della banca […] rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 67 l. fall. ed è, quindi, assoggettabile a revocatoria fallimentare”.

La Cassazione ha inoltre ritenuto sussistente nel caso sottoposto al suo esame la conoscenza da parte della banca dello stato d’insolvenza in cui versava la società sua cliente al momento del pagamento, in considerazione del fatto che, prima dell’escussione del pegno, essa aveva passato a sofferenza alcuni rapporti dei quali la società poi fallita era intestataria presso la sua filiale, per somma pari a più di cinque milioni di euro, con ciò dimostrando la sua indiscutibile scientia decoctionis.

In conclusione, la decisione della Cassazione riafferma con chiarezza i presupposti distintivi tra pegno ‘regolare’ e ‘irregolare’ e ribadisce l’esperibilità dell’azione revocatoria agli atti dispositivi del creditore consistenti nell’escussione di un pegno ‘regolare’, posto che tale garanzia, anche se costituita su beni fungibili, non comporta il trasferimento della somma di denaro al creditore stesso e il suo potere di disporne. 

2025 - Morri Rossetti

cross