Esenzione dalla fallibilità – Esenzione a tempo - Start up innovative

2 Settembre 2021


Ai sensi dell’art. 31 D.L. 179/2012 la start-up innovativa non è soggetta a procedure concorsuali, ma può essere sottoposta al procedimento per la composizione delle crisi da sovraindebitamento previsto dal capo II della legge 27 gennaio 2012, n. 3.
Il comma 4 della medesima disposizione sancisce che la disciplina specifica prevista per la start up innovativa (contenuta nella sezione IX del decreto legge 179/2012) cessa di applicarsi quando, prima della scadenza dei cinque anni dalla data di costituzione, la start-up innovativa perda uno dei requisiti previsti dall'articolo 25, comma 2 dello stesso decreto legge o, in ogni caso, quando viene superato detto quinquennio.
Ne discende, pertanto, che vien meno anche l’esonero dalle procedure maggiori.
Il Tribunale precisa che l’esenzione dall’area della fallibilità decorre dalla data di costituzione delle start up e non dalla data della loro iscrizione stessa nel registro delle imprese, come invece sostenuto dal ricorrente, e, pertanto, la non fallibilità riguarda “anche il periodo in cui le stesse non abbiano ancora perfezionato l’iscrizione nel registro delle imprese nella specifica sezione dedicata a questo tipo di società”.
Il Tribunale rammenta quindi la ratio della norma in esame mettendo l’accento sul fatto che “la norma tutela, correlativamente, anche i terzi e i creditori: i benefici accordati dalla normativa trovano una giustificazione proprio nella novità dell’impresa ad alto valore di innovazione tecnologica e nell’elevato coefficiente di rischio che tale attività comporta, e sono conseguentemente limitati alla fase di “partenza”, che il legislatore ha limitato al quinquennio che decorre dalla costituzione. In altre parole, poiché la start up doveva essere in qualche modo “coperta” dall’esonero delle procedure anche in tale iniziale periodo (tra la costituzione e la iscrizione), questo periodo viene anche conteggiato nel quinquennio nel quale è imposto ai creditori il maggior sacrificio che le procedure di sovraindebitamento pongono rispetto a quelle concorsuali “maggiori” (si pensi ad esempio al consenso esplicitamente richiesto nelle procedure maggiori e nel consenso presunto di alcune procedure da sovraindebitamento)”.
Il Tribunale affronta il problema del momento in cui inizia la procedura di sovraindebitamento e osserva come la nomina del gestore della crisi non sia idonea a segnarlo poiché, tra le altre ragioni, può ben accadere che dopo la nomina non si pervenga ad una concreta proposta.
In sintonia con una precedente pronuncia del Tribunale di Milano, la Corte genovese coglie la distinzione tra nomina del gestore della crisi e proposta per il sovraindebitamento.
“La prima, del tutto eventuale, potendo essere sostituita con la nomina da parte dell’OCC in sede non giurisdizionale, ha natura di volontaria giurisdizione pura: dal punto di vista soggettivo, vede la partecipazione del solo istante; dal punto di vista oggettivo è circoscritta alla nomina del gestore.
La seconda, del tutto eventuale anche dopo che si è svolta la prima e non necessariamente preceduta dalla nomina in sede giudiziale, può avere ad oggetto una delle tre procedure universali e concorsuali di cui alla legge sul sovraindebitamento, e che vede come soggetti controinteressati i creditori”.
Il Tribunale conclude che solo con l’instaurazione della procedura di sovraindebitamento (se non addirittura la pronuncia di un provvedimento di ammissione alla procedura) il richiedente può ottenere l’effetto preclusivo delle procedure concorsuali minori nei confronti dei creditori, e non con l’instaurazione della procedura di nomina.

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