Codice della crisi - disciplina applicabile - criteri

2 Settembre 2021


Il Tribunale di Milano con il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo del 28 novembre 2019 ha affrontato il tema relativo alla qualificazione giuridica del concordato oggetto di domanda.

Nel caso di specie si trattava di un concordato misto: il piano prevedeva la continuità aziendale indiretta e, al contempo, la liquidazione dei beni della società. Il soddisfacimento dei creditori derivava in misura prevalente dalla liquidazione e in misura residuale dalla continuità aziendale.

Nel valutare la disciplina applicabile al caso sottoposto all’attenzione dei giudici, il Tribunale ha, dapprima, esaminato l’attuale legge fallimentare e i relativi dubbi applicativi sul punto, per passare, successivamente, all’analisi delle nuove regole contenute nel codice della crisi e, infine, si è pronunciato in linea con queste ultime.

Il R.D. 267/1942 non fornisce i criteri per individuare quando un concordato misto sia in prevalenza liquidatorio o in continuità e, conseguentemente, stabilirne la disciplina applicabile, in particolare, con riguardo al pagamento dei creditori chirografari (art. 160, co. 4 l.fall.) al bisogno dell’attestazione "rafforzata" (art. 186 bis, co. 2, l.fall.) o alla nomina del liquidatore (art. 182 l.fall.).

A fronte dell’assenza di indicazioni da parte del Legislatore, che, come noto, si limita a stabilire che nel concordato in continuità è possibile prevedere la liquidazione dei beni non funzionali all'esercizio dell'impresa, i giudici milanesi hanno registrato due orientamenti opposti al fine di stabilire la disciplina applicabile.

Secondo una prima impostazione la prevalenza si deve intendere “in termini quantitativi”, cioè occorre fare riferimento al “momento del soddisfacimento dei creditori”. Il che comporta che per stabilire se il concordato sia prevalentemente in continuità o liquidatorio è necessario considerare se le risorse destinate al soddisfacimento dei creditori derivino principalmente dalla liquidazione o dalla prosecuzione dell’attività aziendale.

Ad avviso della seconda impostazione, invece, la prevalenza va interpretata in senso “qualitativo o funzionale” e, pertanto, si applica la disciplina del concordato in continuità laddove l’azienda sia “vitale” a prescindere dalle modalità di soddisfacimento dei creditori.

A fronte delle incertezze derivanti dal disposto della legge fallimentare, il Legislatore della riforma ha tentato di fare chiarezza e la norma di riferimento è l’art. 84 CCII e, in particolare, i commi 3 e 4.

Dall’esame delle disposizioni richiamate, il Tribunale di Milano ha concluso che il nuovo codice adotta “un criterio di prevalenza che potrebbe definirsi «quantitativa attenuata» che se concentra, da una parte, il proprio orizzonte sulle modalità di creazione delle risorse da destinare ai creditori (liquidazione o ricavi della continuità) dovendo sempre "i ricavi attesi" essere superiori ai valori della liquidazione, dall'altra parte, amplia l'area semantica del "ricavato prodotto dalla continuità", facendovi rientrare il magazzino, nonché i rapporti contrattuali già in essere o già risolti nel passato, ma che proseguiranno o verranno rinnovati e, infine, i rapporti di lavoro.

cross