Bancarotta Fraudolenta per distrazione e Autoriciclaggio: un confine sottile con il ne bis in idem sostanziale

5 Aprile 2023


In data 30 marzo 2023 la Corte di Cassazione, sezione Penale, ha emesso un provvedimento con il quale fornisce gli strumenti per comprendere, a seguito di incriminazione per reato di bancarotta fraudolenta distrattiva, le condizioni per il configurarsi anche dell’ipotesi di reato di autoriciclaggio ex art. 648 ter.1 c.p.

In particolare, la Cassazione si è espressa definendo il confine tra la possibile incriminazione per autoriciclaggio, avente come reato presupposto la bancarotta fraudolenta, e il principio del ne bis in idem sostanziale, volendo così evitare la doppia punibilità della medesima condotta.

Stando ai fatti, C.C. è indagato dei reati di bancarotta per distrazione e autoriciclaggio, avendo posto in essere una condotta distrattiva sul patrimonio di Alfa S.p.a., causando il dissesto della società stessa, e trasferendo la somma complessiva pari ad Euro 218.606,50 (provento del reato di bancarotta fraudolenta) ad altre società appartenenti al medesimo gruppo, attraverso operazioni di investimento.

Sia il Giudice delle Indagini Preliminari, sia il Tribunale della Libertà, posta - secondo gli stessi - l’assenza di ulteriori attività decettive rispetto alla condotta distrattiva, hanno ritenuto non integrata l’ipotesi di reato di autoriciclaggio e, conseguentemente, respinto la richiesta di sequestro preventivo del profitto derivante da tale reato, avanzata ex art 321 c.p. dalla Procura procedente.

Il ricorso è proposto dal Pubblico Ministero sull’assunto che il denaro reinvestito nelle società diverse dalla fallita e la ricchezza illecitamente conseguita costituiscono, invece, profitto del reato di autoriciclaggio assoggettabile alla misura cautelare reale richiesta.

Il ragionamento della Corte di Cassazione è fondato sull’orientamento condiviso dalla giurisprudenza di legittimità in tema di autoriciclaggio, secondo il quale “è configurabile una condotta dissimulatoria allorché, successivamente alla consumazione del delitto presupposto, il reinvestimento del profitto illecito in attività economiche, finanziarie o speculative sia attuato attraverso la sua intestazione ad un terzo, persona fisica ovvero società di persone o capitali, poiché, mutando la titolarità giuridica del profitto illecito, la sua apprensione non è più immediata e richiede la ricerca ed individuazione del successivo trasferimento” (Cass. Pen., Sez. II, n. 16059/2019).

Sviluppando il principio sopra richiamato, la Corte di legittimità ritiene dunque che il caso debba risolversi analizzando:

  1. se vi sia o meno coincidenza tra la condotta di distrazione e quella di autoriciclaggio;
  2. i beni giuridici tutelati dalle norme e l’effetto della condotta posta in essere sugli stessi.

Occorre, quindi, verificare se la condotta che permette la configurazione del reato di autoriciclaggio sia posta in essere con la medesima e contestuale azione che integra il reato di bancarotta fraudolenta e, qualora non lo fosse, occorre verificare se tale seconda condotta sia idonea ad aggredire il bene giuridico tutelato dalla norma sull’autoriciclaggio, ovvero l’ordine pubblico economico.

La Cassazione, infatti, afferma che  “ove l'agente, con la distrazione di somme, abbia aggredito e leso solo la par condicio creditorum la condotta sarà punibile soltanto in forza delle norme dettate dalla legge fallimentare, ove invece alla condotta distrattiva sia seguita una successiva ed autonoma attività di reimpiego dei capitali in altre società comunque operanti nel settore economico e commerciale, l'aggressione e lesione del bene giuridico protetto dalla norma di cui all'art. 648-ter1 c.p. (Autoriciclaggio) costituito dall'ordine economico, determinerà il concorso punibile tra bancarotta per distrazione ed autoriciclaggio”.

Alla luce di quanto sopra descritto, considerato che dall'imputazione formulata dall’accusa risulta che la condotta di cui all'art. 648-ter.1 c.p. viene elevata a carico dell’imputato in relazione non ai soli pagamenti per cassa effettuati "svuotando" il patrimonio di Alfa, ma anche ad altre e successive attività di impiego e trasferimento della somma di € 218.606,50 nelle attività economiche e imprenditoriali esercitate da altre società del gruppo, la Corte ritiene fondato il ricorso del Procuratore.

Pertanto, l’impugnata ordinanza viene annullata e rinviata al Tribunale della Libertà, al quale viene affidato il compito di approfondire ulteriormente le attività poste in essere successivamente alla distrazione e valutare concretamente la loro idoneità a configurare l’autonoma ipotesi di autoriciclaggio e, dunque, legittimare l’adozione del provvedimento di sequestro.

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