Accordo di ristrutturazione dei debiti: Cram down in presenza di dissenso da parte dell’Amministrazione finanziaria

20 Luglio 2022


In data 30 giugno 2022 il Tribunale di Pisa sezione Fallimentare si è espresso in merito alla manifestazione di dissenso di un accordo di ristrutturazione del debito presentata dall’Agenzia delle Entrate e dall’Inps a causa principalmente della natura liquidatoria della proposta.

La società in liquidazione propone un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis L.Fall., avente un attivo complessivo disponibile a favore dei creditori pari a Euro 214.251, atto a soddisfare il pagamento integrale ai creditori “Preclasse”, il pagamento del 41,5% ai creditori di Classe 1 (crediti erariali e previdenziali), il pagamento del 2% ai creditori di Classe 2 (crediti erariali e previdenziali non soddisfatti e degradati a chirografo) e di Classe 3 (crediti chirografari). Inoltre, l’accordo prevede una proposta di transazione fiscale di pagamento parziale del 41,5% dei debiti tributari e previdenziali.

Nonostante l’attestazione, predisposta dal professionista in possesso dei requisiti ex art.67, comma 3, lett. d) L.Fall. confermi:

  • La veridicità del dato aziendale;
  • La convenienza della proposta di accordo rispetto all’alternativa fallimentare;
  • La capacità delle risorse finanziarie ad assicurare il pagamento dei creditori aderenti e soprattutto il pagamento dei creditori estranei all’accordo nei termini previsti dall’art. 182-bis, co. 1;

l’Agenzia delle Entrate e l’INPS obiettano l’ammissibilità dalla proposta di accordo a causa di un approccio di tipo liquidatorio, secondo gli enti incompatibile con la finalità conservativa della continuità aziendale, ritenuta da essi caratteristica dell’accordo di ristrutturazione.

Inoltre, gli enti contestano un’eccesiva svalutazione dei crediti sociali, la scarsità di finanza esterna apportata dai soci e lo scarso approfondimento delle cause della crisi nella relazione dell’attestatore.                                                                                       

Sulla finalità conservativa, il Tribunale asserisce che la giurisprudenza ammette che gli accordi di ristrutturazione possano assumere anche forma liquidatoria e che non siano presenti previsioni normative in tal senso, che richiedono la continuità dell’attività d’impresa quale requisito per l’ammissibilità degli accordi di ristrutturazione.

Un altro aspetto rilevante, alla base dell’opposizione dell’Agenzia delle Entrate e dell’INPS riguarda le prospettive di fattibilità del piano, sul quale il Tribunale tiene a precisare che non sia previsto svolgere alcun giudizio di fattibilità del piano (c.d. controllo di merito), essendo tale valutazione di competenza dei creditori al momento dell’approvazione del piano stesso. Sulla fattibilità, il Tribunale ritiene opportuno richiamare l’orientamento confermato dalla Suprema Corte di Cassazione  n.1521 del 23 gennaio 2013, la quale conferisce al Tribunale il potere di verificare la fattibilità giuridica dell’operazione e limita il sindacato del Giudice sulla fattibilità economica e convenienza del piano, in quanto quest’ultimo, a causa della presenza di margini di opinabilità e possibilità di errore, è soggetto al  giudizio dei creditori essendo essi direttamente interessati alla realizzazione dello stesso. 

Alla richiesta della valutazione sulla convenienza della proposta di accordo di ristrutturazione come previsto ai sensi dell’art.182-bis, quarto comma, L.Fall., il Tribunale fa riferimento alla relazione redatta dal professionista attestatore, secondo cui il piano di accordo è in grado di soddisfare tutti i creditori, compresi Agenzia delle Entrate ed INPS, oltre a confermare che i crediti erariali vengano soddisfatti in percentuale e tempi di pagamento in misura non inferiore ai crediti con grado di privilegio inferiore ex art.182-ter, comma 1 L.Fall.

Le soluzioni alternative liquidatorie rispetto a quella proposta, conclude il Tribunale, risultano essere meno convenienti, in quanto non sarebbe possibile l’erogazione della finanza esterna offerta pari a Euro 10.000. Inoltre, l’avvio della procedura fallimentare comporterebbe un significativo aggravio di costi e il relativo allungamento delle tempistiche per il soddisfacimento dei creditori.

Pertanto a fronte delle suddette considerazioni, nonostante il dissenso intervenuto da parte degli enti - previdenziale e fiscale - e la loro richiesta di rigetto dell’istanza ex art. 182-bis, 4 co., L.Fall. (cd. Cram Down), il Tribunale procede con l’omologa della proposta dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.

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