Corte d’Appello di Brescia, 11 giugno 2025. Pres. Rel. Giuseppe Magnoli. Con sentenza dell’11 giugno 2025 la Corte d’Appello di Brescia ha riformato la pronuncia del Tribunale di Bergamo che aveva dichiarato inammissibile la domanda di omologa dell’accordo di ristrutturazione ex art. 61 CCII presentata dalla società reclamante, affermando che, in materia di accordi di ristrutturazione e cram down nei confronti di enti pubblici, la liberazione dei fideiussori e coobbligati solidali consegue anche quando l’adesione del creditore pubblico sia stata ottenuta tramite omologazione forzosa giudiziale nonostante l’iniziale diniego. Nel caso di specie, la società aveva presentato un piano che prevedeva la falcidia del 60% del debito previdenziale nei confronti dell’INPS, il pagamento integrale dei creditori non aderenti, l’apporto di finanza esterna e – quale condizione sospensiva dell’accordo – il divieto di escussione delle fideiussioni concesse. La proposta era stata rigettata dal Tribunale in primo grado per pretesa inammissibilità alla luce della disciplina introdotta dal correttivo ter (d.lgs. n. 136/2024), ritenuta retroattivamente applicabile. La Corte d’Appello ha invece chiarito che il nuovo regime è applicabile solo alle proposte depositate successivamente al 28 settembre 2024, e che al caso concreto si dovesse applicare l’art. 63, comma 2 bis, CCII nella versione previgente al decreto correttivo ter. Quest’ultima consente l’omologazione dell’accordo anche senza il consenso dei creditori pubblici, qualora: i) il loro assenso sia determinante per raggiungere le soglie di legge (art. 57, comma 1, CCII), e ii) la proposta sia più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. Accertata l’esistenza di entrambe le condizioni – inclusa la convenienza per l’INPS – la Corte ha riconosciuto l’omologabilità del piano e, affrontando il tema centrale della liberazione dei garanti, si è riappellata al secondo comma dell’art. 59 CCII, il quale, richiamando l’art. 1239 c.c., afferma che “<<nel caso in cui l’efficacia degli accordi sia estesa ai creditori non aderenti, costoro conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso>>, dovendosi stabilire se tra questi debbano oppure no ricomprendersi anche l’amministrazione finanziaria o l’ente previdenziale che non avevano accolto, rifiutandola, la proposta di accordo, ma la cui percentuale sull’ammontare complessivo dei crediti viene collocata nell’area dell’adesione, al fine di consentire il raggiungimento della soglia minima di cui al citato primo comma dell’art.57.” Ebbene, la Corte ritiene che “la “fictio juris” debba operare non soltanto per il conseguimento di tale risultato ma anche al fine di determinare una totale ed assoluta assimilazione del creditore pubblico al creditore assenziente, a nulla rilevando il suo precedente rifiuto della proposta, perché posto nel nulla dalla determinazione giudiziale di cui al citato comma 2 bis dell’articolo 63 CCII.” Difatti, diversamente ipotizzando, “si produrrebbe uno svuotamento di fatto degli effetti favorevoli di tale disposizione, volta a favorire la continuità aziendale ed il mantenimento, ove possibile, dell’attività produttiva, perché, inevitabilmente, i fideiussori ed i coobbligati solidali, una volta escussi, agirebbero in regresso nei confronti della debitrice, giusta il disposto di cui agli articoli 1950, 1299 e 2055 c.c., con la conseguenza, invero inevitabile, dell’insolvenza della debitrice stessa, e della relativa liquidazione giudiziale”. In conclusione, la Corte ha escluso che l’ente previdenziale, soggetto ad omologa forzosa, possa poi rivalersi sui fideiussori o coobbligati solidali, non potendo invocare la riserva ex art. 59, co. 2, CCII, destinata solo ai creditori non aderenti. L’effetto estintivo si estende anche ai garanti, in coerenza con la ratio di favorire la continuità aziendale, evitando che il debitore rientri in stato d’insolvenza per effetto delle azioni di regresso intentate dai garanti escussi.