Tribunale di Milano – Sent. 277/2025

La natura necessariamente liquidatoria del concordato semplificato ex art. 25 sexies CCII

La sentenza n. 277/2025 del Tribunale di Milano rappresenta un'importante decisione in materia di concordato semplificato, evidenziando le rigorose condizioni necessarie per l'accesso a tale procedura. Nel caso di specie, la società ricorrente – a valle del percorso di Composizione Negoziata della Crisi (“CNC”) – ha presentato domanda di concordato semplificato ai sensi degli artt. 44 e 25 sexies CCII; tuttavia il Tribunale ha riscontrato il mancato rispetto delle condizioni di accessibilità previste dalla normativa.

In particolare, il Tribunale ha rilevato la carenza del presupposto della “cessione dei beni” di cui al comma 1 dell’art. 25 sexies, in quanto la proposta presentata prevedeva una prosecuzione delle attività per tre anni. Infatti, il concordato semplificato, essendo accessibile soltanto nel caso in cui la CNC non abbia condotto al risanamento dell’impresa, ha di per sé natura liquidatoria e consente quindi all’imprenditore di imporre ai creditori una procedura volta alla cessione del complesso aziendale. Sul punto, rileva il Collegio che “il concordato semplificato è concepito dal legislatore come extrema ratio, a cui affidarsi in ipotesi in cui non sussista altro bivio operativo possibile e l'intera gamma degli strumenti di regolazione della crisi, tanto contrattuali quanto concorsuali, annoverati dell'art. 23 come esiti fisiologici della composizione negoziata, siano indicati dall'esperto come impraticabili”.

Nell’ambito del concordato semplificato il legislatore non contempla la continuità aziendale, in quanto la cessione dell’azienda in esercizio sarebbe soltanto funzionale ad un miglior soddisfacimento del ceto creditorio, al pari di quanto potrebbe avvenire in sede di liquidazione giudiziale, ove non sarebbe prospettabile una prosecuzione dell’attività in vista di una successiva cessione, se non nei limiti di quanto consentito dall’art. 211 CCII (ovvero qualora la prosecuzione non arrechi pregiudizio ai creditori).

Tenuto altresì conto che l’imprenditore che richiede l’accesso al concordato semplificato è titolare di un’impresa ormai non risanabile, non è configurabile in tale contesto il ricorso alla continuità diretta, essendo quella liquidatoria l’unica via concessa, consistente nella liquidazione del complesso aziendale, preservando quanto più possibile i valori aziendali e quindi evitando “lo smembramento del going concern”.

Nel caso in esame, la prospettata continuità in vista di una successiva liquidazione era prevista per i successivi tre anni senza però che il ricorrente avesse effettuato alcun approfondimento sui costi di gestione da dover affrontare né tantomeno sulla loro incidenza sulle prospettive di soddisfacimento dei creditori.

Come rilevato dal giudice di merito, il concordato semplificato dal ricorrente non prevedeva quindi la liquidazione del patrimonio e dell’attività economica, bensì pianificava la continuità aziendale, travolgendo “l’essenza stessa del meccanismo connaturato all’istituto, che è quella di favorire una cessione traslativa, mirata a liquidare i beni (possibilmente in forma aggregata) per destinarne immediatamente il ricavato al riparto fra i creditori, non al finanziamento di un persistente esercizio dell’attività economica da parte del debitore titolare dell’impresa non risanabile”.

Su tali presupposti, il Tribunale di Milano, evidenziando le rigorose condizioni necessarie per l'accesso al concordato semplificato e la necessità di presentare proposte dettagliate e ben fondate, ha dichiarato l’inammissibilità della domanda di omologazione del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio presentata dall’imprenditore e, in accoglimento della richiesta formulata dal Pubblico Ministero, ha dichiarato l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale.

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