Il mutuo solutorio alla luce delle nuove Sezioni Unite, tra accertata validità e potenziale revocabilità

11 Aprile 2025


Cass. Civ., Sez. Un., 5 marzo 2025, n. 5841.

Con la sentenza n. 5841/2025 le Sezioni Unite hanno messo un punto sull’acceso dibattito giurisprudenziale sancendo la validità del mutuo solutorio ed affermandone la piena efficacia esecutiva, ferma restando la sua assoggettabilità ad azione revocatoria qualora l’operazione sottostante si riveli lesiva della par condicio creditorum.

Si ricorda che la figura del mutuo solutorio prevede l’erogazione di somme, seguita dalla contestuale o comunque immediata destinazione delle somme a ripianare debiti pregressi, sostanziandosi in operazioni di giroconto in favore del creditore.

La sua validità è stata a lungo contestata proprio per via dell’assenza di ciò che viene considerata l’essenza stessa del contratto di mutuo, ovvero l’effettiva datio rei della somma di denaro. Invero, quest’ultima viene contestualmente utilizzata per ripianare i debiti pregressi del mutuatario “autonomamente e immediatamente” dalla banca, ossia senza una effettiva disponibilità delle somme in capo al mutuatario.

Negli ultimi anni si è andato formando un nuovo orientamento, contestante proprio la validità del mutuo solutorio. Difatti, se l’opinione tradizionale e prevalente ha da sempre ritenuto sufficiente l’accredito delle somme sul conto corrente per integrare la traditio, posto che l’effettività di quest’ultima risulta dalla cancellazione dal patrimonio del mutuatario di una posta negativa, il recente orientamento afferma al contrario che la datio rei non possa dirsi integrata da “un’operazione meramente contabile in dare e avere sul conto corrente”. Il mutuo solutorio determinerebbe solamente gli effetti di un pactum de non petendo ad tempus in quanto si limiterebbe a modificare il termine per l’adempimento previsto nel mutuo originario, costituendo soltanto quest’ultimo il titolo esecutivo sottostante al rapporto.

Con la sentenza in commento, le Sezioni Unite affermano in ultima istanza la piena validità del mutuo solutorio e, in presenza dei requisiti previsti dall’art. 474 c.p.c., l’idoneità a costituire titolo esecutivo.

Come afferma la Corte, “non è dunque necessaria la consegna materiale, ma è sufficiente che la res sia messa nella “disponibilità giuridica” del mutuatario, il che avviene quando il mutuante crea un autonomo titolo di disponibilità a favore del primo, fermo restando l’altro elemento costitutivo rappresentato dall’assunzione da parte del mutuatario dell’obbligazione – univoca, espressa ed incondizionata – di restituire il tantundem”.

Non rileva l’immediata riacquisizione da parte della banca delle somme mutuate, né che l’operazione si risolva in una mera annotazione contabile, trattandosi entrambe di due caratteristiche distintive del mutuo solutorio stesso. Allo stesso modo, il sintagma “mutuo solutorio” non identifica una figura contrattuale atipica o diversa dal contratto tipico di mutuo, avendo lo stesso una mera valenza descrittiva di uno specifico utilizzo del mutuo stesso.

Il contratto di mutuo deve ritenersi perfezionato – e la disponibilità giuridica delle somme ottenuta - già con l’accredito delle somme sul conto corrente, e ciò senza rilevare il successivo utilizzo delle somme, dovendosi considerare detto impiego una manifestazione di interesse differente ed autonoma rispetto al conseguimento della disponibilità giuridica stessa. L’atto dispositivo, consistente nell’utilizzo delle somme contestualmente all’accensione del mutuo, seppur sia atto successivo allo stesso sul piano logico, deve considerarsi “elemento esterno alla fattispecie legale del contratto di mutuo e non ne condizione, dunque, il perfezionamento”.

Pertanto, il perfezionamento del contratto avviene anche con la sola dazione della somma in via meramente contabile – o, appunto, giuridica -, a tal fine non occorrendo un nuovo atti pubblico o una nuova scrittura privata autenticata attestante l’avvenuto svincolo della somma mutuata.

La validità del mutuo solutorio, tuttavia, non ne inficia la revocabilità: esso, difatti, può ben costituire un atto in frode ai creditori o un mezzo anomalo di pagamento, suscettibile come tale di essere dichiarato inefficace nei confronti del creditore che prova il pregiudizio arrecato alle proprie ragioni dall’accensione del mutuo solutorio stesso. Invero, “un conto è la qualificazione (eventualmente, anche solo astratta), dell’operazione negoziale, e quindi, il giudizio sulla validità di quest’ultima, altra cosa è l’abuso che di un istituto le parti possono mettere concretamente in pratica al fine di ledere la par condicio creditorum.” Accertata, dunque, la piena validità del mutuo solutorio, la Corte non ne esclude tuttavia un suo utilizzo potenzialmente distrattivo di bene dalla garanzia patrimoniale generica ex art.2740 c.c.: l’accensione del mutuo solutorio con costituzione di ipoteca su un immobile in favore della banca ben potrebbe integrare la costituzione di garanzia di cui all’art.2901 comma 2 c.c. (con riguardo all’azione revocatoria ordinaria) e, come tale, tacciabile di inefficacia qualora l’atto pregiudichi le ragioni dei creditori.

Salva, dunque, la revocabilità del mutuo solutorio, le Sezioni Unite ne affermano la piena validità giuridica e l’efficacia esecutiva, dirimendo in via nomofilattica i contrasti giurisprudenziali sino ad oggi insorti.

Principio di diritto

«Il perfezionamento del contratto di mutuo, con la conseguente nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità giuridica del mutuatario medesimo, attraverso l’accredito su conto corrente, non rilevando in contrario che le somme stesse siano immediatamente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della banca mutuante, costituendo tale destinazione frutto di atti dispositivi comunque distinti ed estranei alla fattispecie contrattuale. Anche ove si verifichi tale destinazione, il contratto di mutuo (c.d. mutuo solutorio), in presenza dei requisiti previsti dall’art. 474 cod. proc. civ., costituisce valido titolo esecutivo».

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